Wearable – I media di cui vestirsi

VCS – Visual Culture Studies
n. 7/2023 – a cura di Barbara Grespi e Federico Vercellone
Scadenza: 25 giugno 2023

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Caterina MartinoWritten by:

Si discute da tempo del ruolo del corpo nella nuova medialità, della tendenza a rendere i dispositivi sempre meno ingombranti in modo da poterli incorporare e avere sempre a disposizione (Carbone, 2023). Il tema è antico e già l’idea mcluhaniana del medium come protesi alludeva a una continuità, quanto meno immaginaria, fra corpo e tecnologia. Nella contemporaneità la questione si pone ormai in termini inversi: data l’estrema automaticità acquisita dai media del capitale algoritmico (Eugeni, 2021), è il corpo umano ad essere considerato un’appendice, o un completamento del dispositivo, e non viceversa, come aveva suggerito decenni fa Vilém Flusser attraverso il concetto di “epitesi” (Flusser, 1991).

VCS #07 intende attraversare il territorio dei wearable media, riallacciandoli, in chiave media-archeologica e di filosofia della cultura (Huhtamo, Parikka, 2011), alle pratiche di portabilità corporea dell’immagine. Il processo di trasformazione del corpo umano nel supporto, o se si vuole, materialmente nel dispositivo di esposizione e trasmissione dell’immagine ha radici molto profonde, peraltro motivate dallo statuto del corpo stesso, di cui la fenomenologia merleau-pontyana ha chiarito la natura intrinsecamente mediale (Dalmasso, 2018). Ma oltre alle idee, anche le pratiche del corpo come medium hanno nutrito lo sviluppo delle tecnologie da incorporare. Diverse forme culturali e artistiche sperimentano da tempo sulla superficie del corpo come luogo di apparizione delle immagini, a partire dalla secolare pratica del tatuaggio. Il tatuaggio agisce l’idea che “si possa fare del proprio stesso corpo, di ciò che è più nostro, un Ding, qualcosa insieme di proprio ed estraneo” (Vercellone, 2023), appunto uno schermo basato su una paradossale retro (o intra) proiezione. L’estrema intimità di pelle e immagine, la loro fusione in un composto che supera la distinzione fra simbolico e materiale, fissità e movimento, interno ed eterno, apre a diverse riflessioni mediologiche, che vanno dalla possibilità di intendere la versione occidentale e ottocentesca del tatuaggio come una variante del precinema, un giocattolo ottico incorporato (Grespi, 2021), all’eziologia mediatica delle malattie della pelle (Violi, 2013), fino ai trattamenti, antichi e moderni, artistici o terapeutici finalizzati alla sua esternalizzazione, strumentalizzazione e condivisione (come il trapianto, Damiani, 2022).

In questa chiave, il numero intende allargare l’indagine ai diversi fenomeni della mediatizzazione incorporata, ad esempio quelli delegati alla nostra “seconda pelle” (Strauven, 2021), come l’uso illusionistico dei tessuti indossati, che la tradizione dei cinema studies ha da tempo ricondotto al sorgere dell’immagine in movimento (Gunning, 2003). Le sperimentazioni sulle forme della proiezione (oggi rifocalizzate da Bruno, 2022 e Casetti, 2023) e sulla loro incorporazione sono ugualmente centrali – dalla prima cine-installazione ideata da Man Ray, che negli anni Venti proietta un film di Méliès sullo schermo mobile formato dagli abiti degli invitati a un ballo in costume, fino agli esperimenti dei cineasti lettristi che esponevano le immagini sui corpi degli spettatori in sala (Lischi, 2001) e alle pratiche di risignificazione del corpo autoriale (Fabio Mauri e il suo Vangelo secondo Matteo di/su Pier Paolo Pasolini). Anche lo screening tattile di Valerie Export (Tapp und Tastkino, 1968), performance femminista di cinema espanso nella quale l’autrice trasforma il proprio seno in un touchscreen, fa parte di questa serie, che continua idealmente in quelle performance visuali in real time (Vjing) che si ancorano al corpo di attori o ballerini, oltre che nella pratica dell’abito virtuale (Liberati, 2017). Queste forme estetiche e culturali hanno preparato il terreno su cui si sono insediati i contemporanei media da indossare, pensati in forma di accessorio (occhiali, orologi, bracciali, anelli bluetooth, copricapo a sensori, cuffie) o di riscrittura del corpo nudo (come nel caso dei tatuaggi elettronici, che vestono e insieme connettono la nostra pelle all’ambiente).

Si richiedono contributi sulle seguenti questioni, non esaustive:

  • studi di caso sui media indossabili contemporanei (le loro implicazioni culturali, la loro fenomenologia, e preferibilmente, ma non esclusivamente, la loro archeologia)
  • la produzione di immagini nel corpo, a causa di reazioni “naturali” o interventi chirurgici
  • le esperienze artistiche di ogni epoca basate sulla valorizzazione delle qualità trasmissive, riflessive, assorbenti e schermanti della pelle
  • il tessuto e la sua mediatizzazione, fra moda e tecnologia
  • live performances, Vjing, e realtà aumentate basate sulla capitalizzazione dei corpi
  • filosofie delle immagini incorporate (forme di simbolizzazione del corpo, la questione della nudità perduta alla prova della digitalizzazione).

Studiosi e studiose interessati a partecipare sono invitati a inviare un proposal entro e non oltre il 25 giugno. Il proposal deve essere avere una lunghezza di circa 300 parole (compresa una bibliografia essenziale) e una nota di presentazione dell’autore o degli autori di massimo 100 parole. Tutti i materiali e le comunicazioni relative alla pubblicazione vanno inviati alle mail dei curatori e a quella della redazione: barbara.grespi@unimi.it; federico.vercellone@unito.it; vcs@vcsmimesis.org.

Chi ha inviato i proposal riceverà una risposta entro il 30 giugno e dovrà eventualmente inviare il proprio contributo entro il 30 settembre. I contributi dovranno essere compresi tra le 8000 e le 10000 parole, note e bibliografia comprese. Le norme editoriali di riferimento sono consultabili e scaricabili all’indirizzo https://vcsmimesis.org/norme-redazionali. Gli articoli devono essere completati da un abstract di 200 parole, da tre a cinque parole chiave e da una nota bio-bibliografica riferita all’autore o agli autori di massimo 100 parole per ciascun autore (abstract, parole chiave e nota bio-bibliografica devono essere redatti sia in inglese che in italiano). Gli articoli possono essere scritti in inglese o in italiano. Gli articoli possono essere accompagnati da immagini, rispetto alle quali l’autore o gli autori devono assicurare il possesso dei diritti di riproduzione; le immagini in bianco e nero vengono riprodotte nel fascicolo cartaceo all’interno dell’articolo; le immagini a colori vengono pubblicate in una specifica sezione del sito della rivista e recuperate mediante un link.

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