Che cosa è queer nella storia del cinema italiano? / What’s Queer in Italian Film History?

Immagine. Note di storia del cinema
n. 22/2020
Edited by Monica Dall’Asta, Dalila Missero, Micaela Veronesi
Deadline: 20 December 2019

ARCHIVIO CFE

Redazione CUC2Written by:

Che cosa è queer nella storia del cinema italiano? Rappresentazioni non normative dal muto agli anni Sessanta 

A partire dagli anni Novanta, la riflessione teorica attorno all’instabilità delle identità di genere e alle forme di sessualità non binarie (Butler 1990; Sedgwick 1990; Koyama 2003) ha messo in crisi l’egemonia del paradigma eteronormativo in cui si è troppo a lungo preteso di esaurire la complessità dell’esperienza di genere. Negli ultimi anni, il lavoro di destabilizzazione critica dello schema eteronormativo è proceduto dall’analisi dei prodotti culturali contemporanei alla proposta di nuove piste di esplorazione storiografica, che si vanno affermando sotto il nome di “queer historicism” (McCabe 2005).

La storia del cinema italiano, che solo di recente è riuscita a incorporare interessi e punti di vista di stampo femminista (Cardone 2009, Pravadelli 2013, Dall’Asta 2008), è apparsa finora refrattaria a questo genere di approcci transfemministi. Eppure, fin dalle origini, anche il cinema italiano è stato sotterraneamente attraversato da forme di rappresentazione e di ricezione destabilizzanti. Da Fregoli a comici come André Deed (Cretinetti), Raymond Frau (Kri Kri) o Gigetta Morano, a un film unico nel suo genere come Filibus(1915),il motivo del travestitismo è stato ampiamente sfruttato nel periodo muto in farse che non di rado offrono modelli di genere anticonvenzionali. I celebri “forzuti” degli anni Dieci hanno introdotto un modello di virilità ipertrofica (per quanto fondamentalmente asessuale) che ha continuato a sollecitare sguardi non solo femminili, ma anche maschili, ben oltre gli anni Sessanta (Dyer 1997). I generi popolari fioriti negli anni Cinquanta, dal western all’horror, hanno nutrito le fantasie di spettatori e spettatrici queer con immagini di duelli tra pistoleri intrisi di desiderio omoerotico, danze di streghe ribelli e vampire dalla bellezza ambigua. I primi anni Sessanta vedono le sale cinematografiche, non solo in grandi città come Roma, Milano e Firenze, ma anche nei piccoli centri di provincia, trasformarsi in luoghi d’elezione per il cruising(Pini 2011).Più in generale, e analogamente a quanto si registra in altri luoghi del mondo (Russo 1981; Doty 1993; Dyer 2001), il rito collettivo della visione in sala ha offerto alle soggettività queer la possibilità di condividere e mettere in pratica modalità alternative di spettatorialità e cinefilia (Santi 1954). Riconoscere e tramandare le flebili tracce di queste esperienze effimere è il compito decisivo che ispira le pratiche contemporanee di costituzione di archivi queer (Przybylo and Cooper 2014).

A partire da queste premesse, questo numero monografico si propone di verificare la praticabilità e la produttività di un approccio queer alla storia del cinema italiano, dalle origini ai primi anni Sessanta, scommettendo sulla capacità di questo approccio di complicare la rappresentazione sostanzialmente maschile ed eteronormativa che di questa storia ci è stata tramandata. L’ambizione è di contribuire a una riflessione metodologica circa gli strumenti della critica storica di ispirazione queer, tenendo conto che il concetto di “queerness” si presta a essere declinato anche nel senso della critica postcoloniale e dello studio intersezionale tra genere, sessualità, classe ed etnicità (Dominguez-Ruvalcaba 2016; Giuliani 2017). In particolare un approccio queer alla storia del cinema italiano mette alla prova le nozioni statiche di cinema nazionale e incoraggia l’adozione di prospettive transnazionali e transculturali (Schoonover and Galt, 2017).

Il numero vorrebbe inoltre ospitare riflessioni metodologiche intorno alle criticità poste dal “queer historicism” alla storia del cinema italiano. Particolare rilievo riveste in questo senso la questione relativa all’applicabilità del concetto di “queer anachronism” (Rohy 2017) al cinema italiano: è possibile, ha senso rinvenire tracce di queerness in film prodotti in un’epoca in cui le soggettività queer ancora non si riconoscevano come tali?  E se sì, in che modo questo approccio può integrare, e/o dialogare con altri indirizzi di ricerca come gli studi sul cinema delle donne (Gledhill and Knight 2015) e le storiografie gay e lesbica (Benshoff e Griffin 2006; Giori 2017)? Come può aiutarci a comprendere meglio l’eccentricità di certi progetti nati ai margini dei filoni dominanti del cinema italiano, come quelli di Aldo Braibanti e Carmelo Bene? E ancora, come si chiede Heather Love (2007), che senso si può dare oggi allo studio di film che hanno alimentato percezioni degradanti, omofobe e stigmatizzanti dei corpi e delle identità queer?

Possibili temi da indagare includono, senza esaurire il campo, i seguenti spunti:

  • Border-crossing: generi popolari e sovversione delle convenzioni eteronormative
  • Queering the Cult: fandom e pratiche subculturali ispirate da divi e dive
  • Home movies
  • Queer performances: gender bending, travestitismo e mascherata
  • Queer temporalities: storicismo, anacronismi e archivi queer, anti-futurismo
  • Progettualità e pratiche cinematografiche eccentriche
  • Sale cinematografiche come luoghi di incontro
  • Dialogismo transnazionale e transculturale
  • Critica cinematografica e spettatorialità queer
  • Cinema d’autore e sguardo queer
  • Documentari e sessualità non normative
  • Melodramma, sessualità/asessualità e romanticismo
  • Archivi per la storia del cinema e della spettatorialità queer
  • Queerness e disabilità

Le proposte (in italiano o in inglese), della lunghezza approssimativa di 250 parole, dovranno essere inviate entro il 20 dicembre 2019 ai seguenti indirizzi email: dmissero@brookes.ac.uk, micaela.veronesi@gmail.com. I saggi, della lunghezza approssimativa di 30.000/40.00 battute (note incluse), potranno essere scritti in italiano o in inglese. L’esito della valutazione delle proposte sarà inviato entro il 7 gennaio 2020. La scadenza per l’invio del saggio è inderogabilmente il 14 giugno 2020.I saggi saranno sottoposti a procedura di double blind peer review. La pubblicazione del dossier è prevista entro dicembre 2020.

Call for essays


What’s Queer in Italian Film History?  Looking for Non-normative Representations from the Silent Era to the 1960s

From the early 1990s onward, the theoretical reflection on gender identities and non-binary sexualities (Butler 1990; Sedgwick 1990; Koyama 2003) has increasingly challenged the assumption of hegemonic paradigms of heteronormativity as totalizing categories of gender identities and sexualities. In the last few years, critiques of heteronormativity have moved forward from the analysis of contemporary cultural products to the proposal of new paths of historical inquiry, which are gaining currency under the label of “queer historicism” (McCabe 2005).

In this context, Italian cinema historiography—which only recently has been able to incorporate the perspectives of feminist film studies (Cardone 2009; Pravadelli 2012; Hipkins 2016; Dall’Asta 2008)—has remained so far reluctant to apply transfeminist (Koyama 2001) and queer approaches to the representation of gender and sexuality. And yet, destabilizing forms of gender representation and nonnormative modes of reception can be found through the history of Italian cinema since its origins. From Fregoli and the farcical performances of comedians like André Deed (Cretinetti), Raymond Frau (Kri Kri) and Gigetta Morano, to a unique film of its kind like Filibus (1915), the use of crossdressing to display unconventional gender roles was more than familiar to Italian film audiences. The popular “forzuti” of the 1910s introduced a model of a hypertrophic (although basically asexual) virility that stimulated both male and female gazes for generations, well beyond the 1960s (Dyer 1997). The popular genres that flourished in the 1950s, such as the spaghetti westerns and horrors, have nurtured the fantasies of international queer audiences with images of duels imbued with homosexual desire, rebellious dancing witches and ambiguous vampire beauties. The 1950s and 1960s saw film theatres become meeting and cruising sites for queer communities, and this not just in big cities like Rome, Milan and Florence, but also in many provincial towns (Pini 2011). More generally—and similarly to the experience of other queer audiences living in different geographical and historical contexts (Russo 1981; Doty 1993; Dyer 2001)—the ritual of collective film consumption offered non-normative subjectivities an opportunity to develop and express original forms of spectatorship and cinephilia (Santi 1954). Detecting and collecting the feeble traces of such ephemeral experiences is a critical task for the methodology of queer archiving (Przybylo and Cooper 2014).

Based on these premises, this special issue of Immagine aims to assess the viability and productivity of a queer approach to the archive of Italian film history, from the origins to the 1960s, taking a chance to discover evidences that can trouble the established picture provided by traditional male and heteronormative accounts. The ambition is to contribute to the methodological reflections inspired by queer historicism, keeping in mind that queer theory is obviously in dialogue with both postcolonial and intersectional approaches to gender, sexuality, class and ethnicity (Dominguez-Ruvalcaba 2016; Giuliani 2017). In particular, a queer approach to Italian film history challenges static notions of national cinema, encouraging the adoption of transnational and transcultural perspectives (Schoonover and Galt, 2017).

We welcome methodological reflections that interrogate the criticalities of queer historicism, and specifically of the notion of “queer anachronism” (Rohy 2017): Is it reasonable to detect queerness in films that were produced at a time when non-binary subjects did not identify as queer yet? How can queer historicism integrate and/or dialogue with other approaches, such as those developed in the related fields of feminist, gay and lesbian film historiographies (Gledhill and Knight 2015; Benshoff e Griffin 2006; Giori 2017)? How can it help understand certain eccentric projects, born outside of the mainstream of Italian film styles, such as those developed by Aldo Braibanti and Carmelo Bene? And finally, to paraphrase Heather Love’s reflections (2007), what is the meaning for us, today, of a history in which queerness and isolated queer figures emerged from a film culture that fostered homophobia and stigmatized queer bodies?

Specific topics of interest include, but are not limited to, the following:

  • Border-crossing heteronormative conventions in popular genres
  • Queering the Cult: subcultural practices and fandom inspired by actors and stars
  • Home movies
  • Queer performances: Gender bending, drag and masquerade
  • Queer temporalities: Anachronisms, queer historicism, queer archives, anti-futurity
  • Eccentric film styles and projects
  • Film theaters as cruising sites
  • Queer film criticism
  • Transnational and transcultural dialogism
  • Italian auteurcinema and the queer gaze
  • Documentaries and non normative sexuality
  • Melodrama, sexuality/asexuality and romance
  • Archiving the history of queer cinema and spectatorship
  • Disability and queerness

Abstracts, either in Italian or English (max. 250 words), will have to be submitted no later than 20 December 2019 to: dmissero@brookes.ac.uk and micaela.veronesi@gmail.com. Notification of acceptance by 7 January 2020. Articles (5-6,000 words max.) can be submitted in Italian or English, by 14 June 2020. Final publication is expected by December 2020, after the conclusion of a double bind peer review process.

Call for essays

 

Comments are closed.