Capolavoro Pop. Media, costume e desiderio nell’immagine globale di Raffaella Carrà

Imago. Studi di cinema e media
n. 27/2023 – a cura di Marta Perrotta e Paola Valentini
Scadenza: 30 ottobre 2022

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Redazione CUC2Written by:

Raffaella Carrà è una delle figure più importanti della nostra cultura audiovisiva e musicale: una stella danzante, rumorosa e incandescente, che brilla da settant’anni. Molteplice e poliedrica – “una e trina” (Barlozzetti 2021) o “mille, nessuna, una sola” (Barra 2021) – Raffaella al secolo Pelloni partecipa e forma con la sua immagine i diversi volti della cultura visuale a cavallo del Novecento, dalla bambina angelica e infantile in grado di convertire il padre gangster nel suo precoce esordio cinematografico in Tormento del passato di Mario Bonnard (1952) alla forza magnetica con cui la sua icona visuale con la sua risata, la sua arte dialettica e l’inconfondibile caschetto biondo ancora è in grado di vitalizzare il salotto televisivo nella sua ultima apparizione come ospite di Fabio Fazio a Che tempo che fa nel novembre 2019.

Se si considera l’evoluzione della sua carriera, dalle prime presenze sul grande schermo alle avventure teatrali, dai progetti radiofonici al successo discografico, dagli sceneggiati tv alla conduzione dei più grandi show televisivi di sempre, in un dialogo continuo tra Italia e resto del mondo, si tocca con mano la crescente potenza dell’icona pop, la forza simbolica del corpo che si muove e balla spettinato, il senso rivoluzionario e deflagrante della sua musica leggera nel contesto ingessato della televisione a cavallo tra i Sessanta e i Settanta, specchio di un paese che sta cambiando, ma ancora non lo sa dire. 

Con Raffaella Carrà, le sue sigle, le coreografie, i grandi varietà, l’Italia trova le parole e i modi per accettare il piacere della vita, scopre il gusto della modernità visiva e sonora, legittima l’indipendenza economica e si gode la liberazione sessuale. Con la Carrà più familiare dei fagioli e delle carrambate, gli italiani si attaccano al telefono e invadono il quotidiano spazio pubblico di un privato mai condiviso prima. Con la Raffaella regina dell’immaginario visivo e identitario, cultori, spettatori e fan si appropriano di una icona globale e la consumano esaltandola in ogni occasione di rimediazione, dai Pride a Tiktok, passando per i successi globali di film e canzoni che la citano e la rileggono, venerandone il culto.

Non esistono studi in prospettiva intermediale, ma nemmeno focalizzazioni più specifiche su paradigmi teorici consolidati. La Carrà è una figura che sfugge alle categorizzazioni, e ha spesso imperniato riflessioni generiche e di scenario che non di rado hanno risolto superficialmente e in maniera dogmatica l’essere Raffaella evitando una reale e approfondita disamina della sua attività e dei suoi diversi aspetti. Non a caso scarseggiano le opere monografiche su di lei e le poche che esistono – Canino, Mancinelli 2006; Locatelli, Rita 2022; Mucciflora 2000; Rita 2019 – non sempre sono impermeabili alla tentazione di farsi artefici di ulteriori processi di storytelling mediale. 

Questo dossier intende gettare luce sulle diverse modalità con cui Raffaella Carrà ha trasformato lo spettacolo popolare, non solo nazionale, in maniera articolata e approfondita, modalità sulle quali ancora, a un anno dalla sua scomparsa, non si è adeguatamente riflettuto. Non si intende certo negare o sminuire la centralità della sua icona nel farsi specchio dell’ambivalente relazione intrattenuta dalla storia e dalla cultura con il piccolo schermo, spesso epitome dello scontro tra impegno e regno dell’effimero condensato nei tratti, negli abiti, nei ritornelli musicali e nelle mosse e pose di Raffaella: lo accenna Marco Bellocchio in Buongiorno, notte (2003) mostrando i brigatisti telespettatori del suo show del sabato Ma che sera tanto quanto degli appelli televisivi dei politici o dei reportage sulle parate militari sovietiche. Se la sua immagine si è sottratta alla caducità e alla facile obsolescenza televisiva è tuttavia anche per la sua più articolata struttura e, come si diceva, per la ricchezza, stratificazione e complessità della sua figura, unita alla forza della sua evidenza, in grado di transitare tra epoche e media differenti, che questo numero di Imago vorrebbe mettere a fuoco.

C’è spazio dunque per studi che approfondiscano l’icona Carrà nel suo essere incarnazione di vari modelli di femminile, nella dialettica tra erotismo e sua rimozione, fino alla Raffaella working woman degli anni 80, a quella più commerciale dei Caroselli e del passaggio a Fininvest, e a quella matura che rafforza il proprio mito con coerenza e senza snaturarsi, fino alla consacrazione nell’Olimpo delle divinità laiche del mondo queer. Mancano, e sono dunque benvenute, analisi della musica scritta per la star che nessuno definisce cantante, esplorazioni del sodalizio tra la Carrà e alcuni autori – Paolini e Silvestri, Boncompagni, Malgioglio per i testi, Pisano, Bracardi, Ormi per le melodie e gli arrangiamenti – e delle culture musicali che sono nate attorno ai suoi successi, in Italia e in molti altri paesi.  Se con Mosconi (2019) si mettono a fuoco le esibizioni di Raffaella Carrà in coppia con Mina in Milleluci, nell’esperienza di sorellanza dicotomica che le due donne vivono collaborando a un programma complesso, che le vede attraversare momenti molto diversi delle rispettive carriere, sarebbero altrettanto utili riflessioni sulle performances televisive più iconiche, come le sigle delle varie trasmissioni – dalle diverse Canzonissima a Ma che sera, passando per il già citato Milleluci, da Millemilioni  a Fantastico 3 fino a Pronto Raffaella -, che portano testi e balletti impregnati di energia e desiderio al cuore dello spettacolo Tv, o come i grandiosi duetti americani con Ella Fitzgerald o Stevie Wonder in Buonasera Raffaella trasmesso dagli Stati Uniti.

Per proporre un articolo, accogliamo abstract (max 2500 battute) in lingua italiana o inglese, più 5 riferimenti bibliografici essenziali, 5 parole chiave e una biografia (max 5 righe). Le proposte vanno inviate via email ad entrambe le curatrici (marta.perrotta@uniroma3.it e paola.valentini@unifi.it ) entro il 30 ottobre 2022. I risultati della selezione saranno comunicati entro il 10 novembre, e i saggi completi (massimo 40.000 battute), redatti in lingua italiana o inglese, eventualmente corredati da un massimo di 8 immagini (jpg o png, 300 dpi, possibilmente già manipolate per la pubblicazione in bianco e nero), dovranno essere inviati entro e non oltre il 12 febbraio 2023 per essere sottoposti a doppia revisione anonima.

Call for Papers (ITA)

Call for Papers (ENG)

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