Premio Limina 2021+22, i vincitori

PREMIO LIMINA

Redazione CUCWritten by:

La cerimonia di conferimento del Premio Limina si è svolta giovedì 3 novembre 2022 presso il Cinema Visionario di Udine nell’ambito del FilmForum organizzato dall’Università degli Studi di Udine. Il Premio Limina è attribuito annualmente dalla Consulta Universitaria del Cinema e dall’editorial board della rivista Cinéma & Cie. Film and Media Studies Journal. A causa dell’interruzione dovuta all’emergenza sanitaria, l’edizione di quest’anno ha attribuito i premi per il 2021 e per il il 2022. Ecco i vincitori delle tre categorie per ognuno dei due anni e le motivazioni.


PREMIO LIMINA 2021

Miglior libro italiano di studi sul cinema
Attribuito dalla Consulta Universitaria del Cinema

Claudio Bisoni, Cinema, sorrisi e canzoni. Il film musicale italiano degli anni Sessanta, Rubbettino, Soveria Mannelli 2020

Il film musicale italiano degli anni Sessanta rischia di essere considerato, come scrive Claudio Bisoni, un oggetto povero di attrattive culturali, mentre fornisce un punto d’osservazione privilegiato per esaminare sia storicamente che teoricamente numerose questioni, soprattutto in merito al rapporto tra film e canzone pop. Bisoni sviluppa tali questioni delineando un panorama ampio e indagando a fondo il musicarello da prospettive molteplici ma sapientemente integrate. Spaziando dalle routine produttive a basso costo alla complessa configurazione della forma-canzone nel film, dalle culture giovanili agli schemi narrativi e agli stilemi estetici del genere, fino alla raccolta di memorie di spettatori dell’epoca, Bisoni dialoga criticamente con la letteratura scientifica e descrive, interpreta e problematizza il fenomeno storico. Di particolare rilevanza è la ridiscussione di alcuni assunti della teoria e della storiografia sul film musicale come il concetto di “integrazione narrativa” dei numeri musicali, o il ruolo giocato non solo dalla canzone per il film, ma anche dal cinema per la canzone pop. Frutto di una ricerca approfondita e supportato da metodologia rigorosa, il libro di Claudio Bisoni dimostra come prodotti di largo consumo e generi cinematografici “minori”, spesso ancora poco esaminati, rappresentino un campo fecondo e aperto alla riflessione storiografica, teorica, critica.


Miglior traduzione italiana di un importante contributo agli studi cinematografici
Attribuito dalla Consulta Universitaria del Cinema

Sergej M. Ejzenštejn, Il metodo (vol. 1), a cura di Alessia Cervini,  traduzioni di Mirella Meringolo e Anna Roberti, Marsilio, Venezia 2020

Collocandosi all’interno di un percorso ormai trentennale di pubblicazione degli scritti di Sergej Ejzenštejn, la traduzione dell’ultima opera del cineasta di Riga rende disponibile al pubblico italiano gli esiti estremi di quello che Alessia Cervini definisce a ragione un pensiero inesauribile. Capace di parlare a ogni nuova generazione di studiosi e studiose e di riallacciarsi non solo ai film studies, ma anche alla visual culture, all’approccio neuro-cognitivista all’audiovisivo o all’archeologia mediale, il pensiero ejzenstejniano è notoriamente denso, talvolta ellittico e talvolta prolisso, spesso visionario e frammentario. Le sfide della traduzione, di fronte a un’opera incompiuta e la cui ricostruzione filologica appare ardua se non impossibile, si moltiplicano. Con scrupolosa curatela, Alessia Cervini scioglie tali difficoltà guidando il lettore in una versione filologicamente ricercata; colloca questo primo volume del Metodoin continuità con gli altri scritti di Ejzenštejn già pubblicati sotto la guida di Pietro Montani; lo contestualizza sia nel panorama della teoria ejzenstejniana e mediale dell’epoca, sia nel quadro attuale della riflessione sul cinema, i media e la visualità. La traduzione, compiuta insieme ad Anna Roberti e Mirella Meringolo, relazionandosi con la pluralità di temi e stili della scrittura del regista sovietico, ne restituisce le sfumature e la ricchezza concettuale ed espressiva, garantendo al contempo piena uniformità e chiarezza al lettore.


Miglior libro internazionale di studi sul cinema / Best international film studies book
Attribuito dall’Editorial Board della rivista Cinéma & Cie. Film and Media Studies Journal

Brian R. Jacobson (ed.), In the Studio. Visual Creation and Its Material Environments, University of California Press, Oakland 2020

Often hidden in plain sight, as sites for creation that ought to remain invisible, studios have long been overlooked in the critical and academic discourse around cinema, even after that the spatial turn has put new emphasis on the relations of cinema and moviemaking with space, environments, places, architecture, and urban cultures. The recent and favourable juncture of production studies, media infrastructure studies and the investigation of the material dimensions of the movie industry has encouraged the research on studios. This collection of twelve essays edited by Brian R. Jacobson investigates the critical role that studio spaces have played in the history of visual culture, offering new insights on the ecological, social, political, and economic factors that shape the worlds appearing on the screens. Ranging geographically from Mexico to Japan, from Italy to Australia, and historically from the silent era to post-war time, from the Seventies to 21st century, In the Studio traces a brilliant cross-national and transhistorical panorama of studio design, its use, meaning and evolution, highlighting how materials and architectural forms have deeply shaped cinematic spaces, production practices and film forms. In his accurate, extensive introduction Brian R. Jacobson successfully contextualises the book’s contributions within existing research paradigms and offers some possible frames to understand studios respectively as environments, nodes, and symbols. In the Studio stands already as a seminal reference for future developments and research about the materialistic and environmental aspects of cinema and visual creation.


PREMIO LIMINA 2022

Miglior libro italiano di studi sul cinema
Attribuito dalla Consulta Universitaria del Cinema

Christian Uva, L’ultima spiaggia. Rive e derive del cinema italiano, Marsilio, Venezia 2021

È indubbio che la spiaggia, nel corso del XX secolo, sia emersa come luogo cardine di aggregazione sociale e di nuovi rituali legati al turismo di massa, collocandosi stabilmente nell’immaginario collettivo e divenendo un sito, reale e metaforico, per negoziazioni, ridefinizioni e riflessioni attorno all’identità nazionale italiana. Spazio liminare per definizione, aperto alla dimensione carnevalesca capace di apportare un temporaneo e parziale livellamento delle differenze sociali e di creare situazioni altrimenti inedite di contatto e vicinanza, la spiaggia percorre il cinema italiano dalle commedie balneari al cinema d’autore, sempre con un ruolo altamente simbolico e significativo. L’indagine che Christian Uva compie di questo iconema abbraccia un vasto arco temporale, dall’epoca fascista all’edonismo degli anni Ottanta, mantenendo stabilmente al centro del discorso un esame che faccia emergere la spiaggia come luogo in cui i costumi – non tanto quelli da bagno, quanto quelli morali e sociali – vengono di decennio in decennio esibiti, affermati, negoziati, magari contestati. Con una ricca filmografia che spazia tra epoche, generi e autori, Uva sviluppa l’analisi collocandola nell’ambito specifico della storia del cinema italiano, senza rinunciare a inquadrarla in più ampie cornici sociali e storiche, declinando con chiarezza e profondità di vedute i molteplici temi che si dipartono dalla rappresentazione di un luogo dalle innumerevoli sfumature.


Miglior traduzione italiana di un importante contributo agli studi cinematografici
Attribuito dalla Consulta Universitaria del Cinema

Giovanna Fossati, Dai grani ai pixel. Il restauro del film nella transizione dall’analogico al digitale, traduzione e cura di Rossella Catanese, Persiani, Bologna 2021

Fin dalla sua comparsa nel 2009, From grains to pixels è divenuto un punto di riferimento per quanti si interessano di restauro e di archivi cinematografici, articolando sia a livello di prassi che di teoria il dibattito in costante evoluzione circa la transizione dalle immagini e dalle tecnologie analogiche a quelle digitali. Con i successivi ampliamenti del 2011 e del 2018, il libro di Giovanna Fossati ha ulteriormente consolidato il suo ruolo di strumento prezioso per studiosi, restauratori, archivisti, studenti, e tutti gli interessati all’immagine in movimento, alla sua storia, alla sua preservazione, e alle sfide che il presente le pone. La curatela e traduzione di questo testo consentono perciò ai lettori italiani di entrare in contatto più agevolmente con un contributo fondamentale agli studi sul cinema. Un lavoro che ha incontrato numerose sfide, prima fra tutte l’alto grado di specializzazione del lessico del restauro e della preservazione digitale, che, come giustamente puntualizza la curatrice e traduttrice Rossella Catanese, è prevalentemente anglofono anche in Italia, tra gli addetti ai lavori. La densità concettuale del testo di Fossati, la sua chiarezza espositiva e la precisione nel delineare tanto una teoria quanto delle pratiche e degli strumenti concreti per il restauro sono restituite integralmente in un lavoro che conduce sia i lettori esperti che quelli meno familiari con questo campo attraverso un panorama complesso, affascinante e aperto a ulteriori futuri sviluppi.

ex-aequo

Edgar Morin, Sul cinema. Un’arte della complessità, a cura di Chiara Simonigh, traduzione di Anna Battaglia, Raffaello Cortina, Milano 2021

Oltre ad opere ampiamente conosciute come Il cinema o l’uomo immaginarioe Le star, la riflessione di Edgar Morin attorno al cinema si dispiega in un enorme numero di scritti, articoli, saggi scaturiti dalla costante e appassionata relazione dello studioso francese con i film. Il cinema, per Morin, rappresenta una strada privilegiata per indagare la complessità dell’essere umano, proponendosi a sua volta come “arte della complessità”, che richiede un approccio transdisciplinare e multiforme. Collazionando testi inediti o difficilmente reperibili, le curatrici Monique Peyrière e Chiara Simonigh restituiscono al lettore un ventaglio di contributi affascinanti che illuminano ambiti diversi della riflessione sul medium, tutti accomunati dalla profondità e dalla brillantezza di vedute del loro autore. Attraverso un’attenta curatela, capace di riflettere nella scelta dei saggi e nella struttura stessa del volume il pensiero critico e dialogico dello studioso francese e quell’“unità molteplice” che lo caratterizza, le curatrici ne mettono in risalto la ricchezza, e nelle loro introduzioni delineano i legami che da questi scritti sul cinema si dipartono verso altri punti focali della teoria della complessità di Morin. A questa curatela scrupolosa, nell’edizione italiana si è aggiunto il lavoro attento e sensibile della traduttrice Anna Battaglia, chiamata a conservare la forza poetica della lingua di Morin, per il quale, come ricorda Chiara Simonigh, “vivere di prosa non è che sopravvivere. Vivere è vivere poeticamente.”


Miglior libro internazionale di studi sul cinema / Best international film studies book
Attribuito dall’Editorial Board della rivista Cinéma & Cie. Film and Media Studies Journal

Wanda Strauven, Touchscreen Archaeology.Tracing Histories of Hands-On Media Practices, Lüneburg, meson press 2021

A familiar object for everyone and a widespread device in the current mediasphere, the touchscreen calls for an investigation capable of enlarging the restricted interpretation of the term, and to historically and theoretically enquire both its aspects, the “touch” and the “screen”. The culminating result of a long and in-depth research on tactile media, Wanda Strauven’s book offers a complete and detailed examination of its object of study. Through a media archaeology approach, it connects historical devices with contemporary media, and ties together low-tech non-electronic screen with high-tech digital ones. As the author writes, “critically arguing against a linear and teleological conception of history”, the volume focuses on the “encounter” between the two main actors of a touchscreen praxis, i.e. the user and the media device, considering touching not merely as feeling something through the skin, but rather as a gesture, an action made with the hands that illuminates a process of relation between human and nonhuman actants, or, with Agamben, “as a communication of a communicability”. Giving centrality to touching while also critically discussing and distinguishing between tactile and haptic, the volume ranges from early cinema to museum screens, from contemporary touchscreens to the latest prescriptions of nottouching due to the pandemic situation. A seminal contribution to a materialistic rethinking of visual and tactile, old and new media, brilliantly written and guiding the reader through theoretical frameworks, historical case studies, and illuminating anecdotes, Wanda Strauven’s work also calls for a methodology that includes the inherent playfulness of media, remind us that using and studying media should never lose its ludic aspect.

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