Convegno CUC/ Scrivere la storia, costruire l’archivio

Convegno organizzato dalla Consulta Universitaria del Cinema in collaborazione con AIRSC – Associazione Italiana per le Ricerche di Storia del Cinema
A cura di Diego Cavallotti e Denis Lotti
Università degli Studi di Udine
Udine, 25-26 gennaio 2019

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Redazione CUCWritten by:

Si è svolto venerdì 25 e sabato 26 gennaio all’Università degli Studi di Udine il convegno  “Scrivere la storia, costruire l’archivio”, organizzato dalla Consulta Universitaria del Cinema in collaborazione con AIRSC – Associazione Italiana per le Ricerche di Storia del Cinema con l’obiettivo di favorire una riflessione ampia e articolata sulle pratiche d’archivio in relazione alla cultura e alla storia della cinematografia. In questa pagina è possibile leggere la presentazione del convegno, sfogliare la fotogallery e vedere le registrazioni delle due sessioni parallele.

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A partire dal Convegno di Brighton del 1978 e dalle elaborazioni della New Film History, la ricerca storica ha progressivamente spostato il proprio baricentro dalla ricognizione critica a forme che ricordano lo scavo archeologico e che hanno come proprio luogo d’elezione l’archivio. Esso sipresta così a essere uno “strumento di configurazione” della memoria collettiva che ha trovato nel XX secolo uno straordinario momento di sistematizzazione teorico-epistemologica. In particolare, per quanto riguarda l’ambito cinematografico, sono soprattutto gli anni Trenta a costituire il momento fondativo per l’archiviazione del film: in questi anni, il suo ruolo si lega intrinsecamente alla maturazione della cultura cinematografica, intesa come punto di convergenza della cultura materiale e della cultura intellettuale. Da quel periodo fino agli anni Settanta, il tema del patrimonio filmico è stato interpretato sempre più in funzione, da un lato, di una “missione conservatrice” e, dall’altro, di una spinta all’accesso volta a far conoscere al pubblico i grandi capolavori del passato. Grazie al Convegno di Brighton si giunge, invece, a una nuova collaborazione tra archivisti e storicidel cinema, con un doppio effetto: da una parte le pratiche d’archivio acquisiscono progressivamente un rilievo teorico (soprattutto per quanto concerne l’attenzione all’orizzonte storiografico), dall’altra l’elaborazione storica si radica sempre di più nella materialità degli archivi, consentendo un arricchimento tipologico delle fonti. Nonostante siano passati ormai quarant’anni, si tratta di una tendenza ancora oggi vivace se pensiamo all’utilizzo della materialità stessa dellatecnologica cinematografica (dal supporto ai macchinari) come fonti per gli “studi di dispositivo” nell’archeologia e nell’epistemologia dei media. La questione delle fonti diventa ancora più interessante se la si inquadra all’interno di una riflessione teorica più ampia, che prende avvio a cavallo tra gli anni Sessanta e gli anni Settanta grazie all’opera di Michel Foucault e alla sua Archeologia del sapere (1969). Qui possiamo trovare una definizione di archivio assai peculiare: esso non è tanto un “luogo di stoccaggio”, ma un principio d’enunciazione in base a cui si stabilisce cosa può o non può essere detto all’interno di un determinato lasso temporale. L’archivio è la condizione di possibilità di una sfera culturale: essa stabilisce che cosa sia dentro o fuori rispetto ai dibattiti che la dominano. La domanda che sorge a questo punto è la seguente: come si configura l’archivio inteso in senso foucaultiano in relazione alla cultura cinematografica e alla storia del cinema?

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