Mina. La voce del silenzio: presenza e assenza di un’icona pop

Convegno internazionale ONLINE
a cura di Giulia Muggeo, Gabriele Rigola e Jacopo Tomatis
con il patrocinio della Consulta Universitaria del Cinema
Università degli Studi di Torino
Torino, 25-26 marzo 2021

ARCHIVIO CONVEGNI

Redazione CUC2Written by:

Giovedì 25 e venerdì 26 marzo 2021 si svolge il convegno internazionale di studi “Mina. La voce del silenzio: presenza e assenza di un’icona pop”, organizzato dal DAMS, CRAD – Centro Ricerche Attore e Divismo, Sylvia Scarlett Gender Media Lab e Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università degli Studi di Torino anche con il patrocinio della Consulta Universitaria del Cinema.

Il convegno si terrà in modalità telematica sulla piattaforma Webex dell’Università di Torino. Sono previsti panel di video pre-registrati e tavole rotonde live (trasmesse anche sul canale Facebook del CRAD – Centro Ricerca Attore e Divismo). Tutti gli interessati devono obbligatoriamente iscriversi compilando il seguente form: https://docs.google.com/forms/d/1tl7hA00u40W6mwgbA9Hin35lmZY0jgSpaOdKbEPzZqc/viewform?edit_requested=true. A tutti coloro che si iscriveranno attraverso il form verrà inviato un programma con annessi i link per accedere all’intero palinsesto.

Programma

Presentazione

Il corpo di Mina attraversa – in presenza e in assenza – gli ultimi sessant’anni di storia italiana. A partire dal suo debutto come urlatrice sugli schermi del Musichiere e nei primi musicarelli tra il 1959 e il 1960, fino all’addio “fisico” alle scene nel 1978, e ancora nelle sue apparizioni “virtuali” più recenti, Mina si è imposta come una delle più potenti icone pop italiane, capace di distinguersi tanto come presenza rilevante nell’immaginario popolare, quanto come artista di culto, pioniera per l’Italia di una «canzone sofisticata» sul modello americano (Fabbri 2008, p. 113). Simbolo di una tv raffinata ed elegante, volto (e voce) rassicurante della pubblicità, contestato modello di indipendenza femminile, imprenditrice discografica, opinionista: Mina rappresenta – nella storia dei media e del costume italiani – un unicum, difficilmente riconducibile a paradigmi di analisi consolidati.

L’unicità della figura di Mina, e il suo porsi al confine tra diversi ambiti di ricerca, ha forse contribuito a scoraggiare gli studiosi: a dispetto di una centralità riconosciuta a più riprese, la bibliografia specialistica su Mina è decisamente scarsa, se si escludono alcuni contributi di Paolo Prato (2014), Rachel Haworth (2017; 2018a; 2018b; 2019), Lucio Spaziante (2016) e Franco Fabbri (2017); lo stesso Fabbri ha curato con Luigi Pestalozza (Fabbri e Pestalozza 1998) quella che è a oggi l’unica miscellanea di saggi su Mina, con interventi – fra gli altri – di Roberto Favaro, Maurizio Franco, Mauro De Luigi, Giovanna Marini ed Edoardo Sanguineti. Per il resto, Mina è trattata incidentalmente in lavori di respiro più ampio sulla storia della popular music in Italia (Fabbri 2008; Prato 2010; Tomatis 2019).

Al contempo sono pressoché inesistenti studi sistematici e contributi, italiani e internazionali, che prendano in considerazione il fenomeno Mina nel più generale contesto della storia dei media, del cinema e della televisione, nonché in un più ampio scenario di cultura visuale, se si escludono gli esigui contributi che ne discutono l’importanza nei celebrity e performance studies (Acca 2011; Mosconi 2014; Valentini 2017). Studiare Mina in termini intermediali significa quindi prendere in esame, in filigrana, i mutamenti che hanno interessato i singoli media, dalla televisione alla stampa popolare, ma anche osservare lo sviluppo e il cambiamento culturale e sociale della moda, del costume, degli stessi concetti di show e entertainment nell’industria culturale italiana.

Da questo punto di vista, l’organizzazione di un convegno intorno a Mina e alla sua immagine – nell’anno del suo ottantesimo compleanno, e a poco più di sessant’anni dall’inizio della sua carriera – rappresenta lo sviluppo delle attività del CRAD e del Sylvia Scarlett Gender Media Lab dell’Università di Torino, all’insegna di un approccio intermediale e transdisciplinare, che tenga insieme gli studi sulla cultura visuale e sul cinema con quelli sul suono, i gender studies e i popular music studies, gli studi sui media, la storia culturale e la semiotica.

 

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