La compilation soundtrack nel cinema sonoro italiano

Schermi. Storie e culture del cinema e dei media in Italia
n. 7/2020 – a cura di Maurizio Corbella
Scadenza: 15 agosto 2019

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Redazione CUC2Written by:

La costruzione del commento musicale di un film tramite la compilazione di brani musicali tendenzialmente pre-esistenti è una prassi che affonda le sue radici alle origini del cinema. Se nell’epoca del muto tale pratica costituisce «lo standard della creazione di un commento musicale filmico, consolidata a livello internazionale» (Targa, 2009: 679), con l’avvento del sonoro essa inizialmente si inabissa, senza tuttavia mai scomparire del tutto, per poi tornare prepotentemente in auge a partire dagli anni ’60 e ’70 fino ai giorni nostri (Hubbert, 2013).

Nonostante lo studio della musica pre-esistente nel cinema sia sufficientemente sviluppato (limitandosi a riferimenti di carattere generale, cfr. Powrie – Stillwell, 2006; Godsall, 2018), la nozione di compilation soundtrack consente di inquadrare tale letteratura entro una diversa angolatura metodologica. Si tratta infatti di accostare all’analisi delle catene di risemantizzazione e delle strategie drammaturgiche che coinvolgono la musica impiegata in un film lo studio della compilazione come opzione estetico-procedurale, di volta in volta collegata alle condizioni storiche, economiche, produttive e culturali della prassi cinematografica e musicale, in stretta correlazione con l’industria discografica.

Numerosi studi sul cinema muto hanno segnalato la centralità delle pratiche compilative in ambito sia internazionale (Altman, 2001; Brown – Davison, 2013; Goldmark, 2013; Marks, 1997; Spring, 2013) sia italiano (Facci – Mosconi, 2016; Sala, 2014; 2017; Targa, 2009). Per ciò che concerne il cinema sonoro, alla fioritura di studi che riqualificano la compilation soundtrack in area angloamericana (Ashby, 2013; Davison, 2004; Denisoff, 1998; Dickinson, 2001; Dyer, 2012; Hubbert, 2003; 2013; James, 2016; Joe, 2016; Kalinak, 1992; 2010; Rodman, 2006; Smith, 2013; Tompkins, 2009) ha corrisposto in Italia un interesse più frammentario, ma comunque in netta crescita, che presuppone la nozione di compilation soundtrack, più che interpellarla direttamente: accanto all’esame di pratiche compilative nel cinema d’autore, in Fellini (Sala, 2010; 2018), Pasolini (Calabretto, 1999), Visconti (Calabretto, 2001) o Moretti (Cecchi, 2018), l’attenzione si è recentemente spostata su approcci rivolti trasversalmente a generi musicali, come la canzone (Buzzi, 2013; Dyer, 2013; Mosconi, 2017) e l’opera nel cinema italiano (Giuggioli, 2015), o cinematografici, come il film-canzone (Di Chiara, 2014), il cinema neorealista (Pitassio, 2014), il melodramma (Bayman, 2013; Romani, 2015), il musicarello (Arcagni, 2006; Bisoni, 2005; Bratus, 2015; Gianneri, 2011) e il cinepanettone (O’Leary, 2013).

Ferme restando le differenze di statuto tra compilation score del periodo del muto e compilation soundtrack del periodo del sonoro (una cosa è ricomporre/riarrangiare brani musicali in un discorso continuo, altra cosa è assemblare tracce preregistrate in un dosaggio musicale vario e discontinuo), non è difficile individuare elementi di analogia e fenomeni intermedi. Nel cinema sonoro italiano, per esempio, sono molti i casi di compositori interpellati anche come consulenti musicali e riarrangiatori di musica non originale. È dunque almeno in parte possibile ricomprendere nell’idea di compilazione anche quella di composizione; entrambe, peraltro, sono state trasformate dal contatto con le componenti tecnologiche, produttive e pragmatiche del medium cinematografico al punto da risultare talora difficilmente distinguibili (si pensi a come le pratiche di sound design, collage, montaggio sonoro, sampling o DJing mettano in crisi le rigide distinzioni tra le due nozioni). D’altra parte, nello studio della musica per film la compilazione può essere posta in rapporto dialettico (ma non ideologicamente subordinato) con la composizione originale, che ha tradizionalmente recitato «la parte del leone» (Hubbert, 2013: 291) negli approcci storiografici anche in Italia. Composizione di musica originale e compilazione di musica pre-esistente possono infine dar luogo a rispettivi processi di identificazione nel pubblico, seguendo la distinzione tra assimilating e affiliating identifications proposta da Kassabian (2001).

L’ipotesi di un’applicazione della categoria di compilation soundtrack al contesto italiano solleva questioni che investono tra le altre cose la periodizzazione, gli intrecci economico-produttivi, crosspromozionali e fruitivi delle industrie cinematografica, discografica e radiotelevisiva, ma anche le peculiari forme che le nozioni di “autore” e di “pubblico” hanno rivestito nel panorama culturale italiano.

Le proposte (max 300 parole, in italiano o in inglese, corredate da una bibliografia essenziale) dovranno essere inviate entro il 15/08/2019 al seguente indirizzo di posta elettronica: maurizio.corbella@unimi.it (oggetto: CFP Schermi 4/7 2020). L’esito della selezione sarà comunicato entro il 31/08/2019, e i saggi completi – compresi tra le 30.000 e le 35.000 battute (spazi e note incluse, bibliografia esclusa), accompagnati da un abstract di 100 parole (in inglese) e da 5 parole chiave (sempre in inglese) – dovranno essere inviati entro il 15/11/2019 e saranno sottoposti a una doppia revisione.

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