DIVAGRAFIE, ovvero delle attrici che scrivono

FAScinA – Forum Annuale delle Studiose di Cinema e Audiovisivi
a cura di Lucia Cardone, Anna Masecchia e Maria Rizzarelli
Università degli Studi di Sassari
Sassari, 17-19 ottobre 2019

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Definite DIVAGRAFIE (Rizzarelli 2017), le scritture prodotte dalle attrici italiane costituiscono un corpus di testi variegato e di grande interesse, finora tuttavia poco frequentato, tanto dagli studi sui media, quanto da quelli su divismo. Nel campo degli studi sul divismo, ad esempio, non è stato mai dedicato un approfondimento specifico sull’apporto peculiare dato dalle attrici attraverso il proprio racconto di sé, né tantomeno attraverso la loro inclinazione verso le scritture narrative; e neppure si è riflettuto su quanto tali scritture abbiano contribuito alla costruzione (o alla smentita) della loro immagine divistica.

 

Fin dall’Ottocento, con l’affermazione della “grandattrice” teatrale e con la nuova visibilità dei corpi femminili, la scrittura ha rappresentato per le attrici un luogo privilegiato dove riflettere su di sé, sulla propria vita e sul proprio lavoro (Mariani 2016). Non stupisce, dunque, che numerose attrici cinematografiche abbiano sperimentato analoghi percorsi di scrittura, misurandosi con il dispositivo letterario attraverso il romanzo (Goliarda Sapienza), la cronaca romanzata (Elsa de’ Giorgi), l’autobiografia (Monica Vitti, Valentina Cortese), e persino la poesia (Isa Miranda).

Tale inclinazione alla scrittura permane dunque per tutto il Novecento, si infittisce prevedibilmente nella pubblicistica del secondo dopoguerra e giunge fino alla contemporaneità. Le forme e i generi individuati da Rizzarelli (2017) si riconfermano infatti nel tempo con variazioni notevoli, soprattutto in relazione ai mutamenti sociali seguiti ai movimenti del 1968 e degli anni Settanta. A partire dagli anni Ottanta, tra epoca del riflusso e successivo avvento del berlusconismo, tra tv generalista, prima, e avvento del digitale, poi, le attrici cinematografiche e televisive italiane si sono misurate con altre forme di costruzione della propria immagine divistica, sovente in controtendenza rispetto ai decenni precedenti. Nel contesto di sovraesposizione mediatica che ha generato l’imporsi di una rinnovata e multiforme cultura delle celebrità (Rojec 2001, 2012; Redmond, Holmes 2007), le scelte di intervento nei discorsi pubblici delle attrici si sono ulteriormente differenziate. Alle riviste e ai rotocalchi si aggiungono così nuove forme di testualità, che impongono di prestare attenzione ai differenti orizzonti di scrittura aperti dal web e dalle varie piattaforme 2.0. Così, attrici come Asia Argento e Cristiana Capotondi, ad esempio, sembrano controllare la propria immagine divistica attraverso strumenti come Instagram e Twitter, mentre altre celebrities si fanno protagoniste di una galassia di scritture in equilibrio tra editoria classica e internet, con casi interessanti che sembrano riprendere e aggiornare alcuni schemi del passato (come dimostrano gli esempi di attrici/autrici quali Luciana Littizzetto e Geppi Cucciari).

Le questioni poste dalle attrici che scrivono sono ampie, promettenti e problematiche. Da un lato, si dispongono sul crinale del “doppio talento” (Cometa 2014 e Rizzarelli 2017); e dall’altro, contemporaneamente, ci interrogano sui complessi rapporti tra performance attoriale e scrittura, sulla dimensione metatestuale che la scrittura produce rispetto allo stile recitativo e all’immagine divistica (Dyer 1979), sullo scarto fra tale immagine e racconto del sé, ossia fra l’immagine attoriale rappresentata dall’autrice nella propria esperienza performativa e quella contenuta nel testo letterario.

Sulla base di queste premesse, FAScinA 2019 intende promuovere una riflessione estensiva sulla figura dell’attrice che scrive, declinandola in senso diacronico e sincronico, con riferimento a diverse tipologie di materiali e attraverso un approccio necessariamente interdisciplinare.

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