La televisione ha incrociato la storia d’Italia, dagli anni Cinquanta a oggi, sotto molteplici aspetti e ha generato diverse metodologie per interpretare e studiare la particolare relazione fra il mezzo di comunicazione più popolare e le trasformazioni del Paese. Ma uno sguardo autenticamente storico sulla TV si è fatto largo, a fatica, solamente alcuni decenni dopo l’inizio delle trasmissioni. Schiacciata fra un elitario rifiuto del mezzo (soprattutto da parte degli intellettuali) e un’attitudine a considerare seriamente solo i suoi aspetti politico-istituzionali, l’attenzione più propriamente storica nei confronti del piccolo schermo è emersa lentamente, in relazione alla ‘scoperta’ della sua dimensione testuale ed estetica: è soprattutto nel corso degli anni Ottanta che, oltre alle analisi sul contesto istituzionale, emerge un’inedita attenzione ai programmi, ai generi, alle loro forme. In quello stesso periodo si iniziano a costruire i primi archivi organizzati della programmazione. Gli studiosi di televisione, che da quegli anni hanno cominciato lentamente a fare ingresso anche nelle Università, si sono ritrovati così nella condizione di ‘appassionati dissodatori’ di un terreno ancora in gran parte vergine e disordinato, per usare l’efficace espressione impiegata da Aldo Grasso, che su quel campo tutto da scoprire ha iniziato a lavorare proprio fra gli anni Settanta e i primi anni Ottanta, come ricercatore e, successivamente, anche come critico per il “Corriere della Sera”. Questa raccolta di saggi, rendendo omaggio al lavoro pionieristico di Grasso, vuole ricostruire le modalità con cui la TV italiana è diventata un oggetto di studio e mostrare, così, la ricchezza e la complessità di questo campo del sapere, rilevante per comprendere, più estesamente, la società italiana di ieri e di oggi.