Apocalissi italiane. Il cinema e la televisione di fronte ai disastri del Novecento

Immagine. Note di storia del cinema
n. 21 – a cura di Alessandro Faccioli e Stefania Parigi
Scadenza: 5 settembre 2019

ARCHIVIO CFE

Redazione CUC2Written by:

Non è difficile dimostrare come, dall’inizio del Novecento sino ad oggi, ogni cinematografia e produzione televisiva nazionale abbia preso in carico, restituendolo documentato e trasfigurato, un numero significativo di eventi traumatici. Sconvolgimenti naturali o sociali di grande rilevanza, dalle guerre ai terremoti, dalle alluvioni alle rivoluzioni, hanno trovato nei media audiovisivi una decisiva via d’accesso alla riflessione e all’elaborazione collettiva.  Come la nozione di traumatic past ha messo in rilievo (Mark S. Micale-Paul Lerner; Jane Goodall-Christopher Lee; Milija Gluhovic), la scrittura audiovisiva di eventi sconvolgenti, talora apocalittici (Allen Meek; Aris Mousoutzanis, Maria Manuel Lisboa), ha offerto e trasmesso un’immagine condivisa non solo del dolore generatosi nell’immediatezza e destinato a colpire il singolo nel corpo e nella psiche, ma anche di esperienze più sfumate e collettive di rivisitazione memoriale: situazioni nelle quali i confini sfrangiati di territori, di paesaggi e di comunità segnati dalla sofferenza hanno avuto un ruolo centrale, offrendo spazio, in un gioco di precari contrappesi, al bisogno del recupero di un impossibile status quo ante, e contemporaneamente a quello speculare di un violento cambiamento (Patrizia Violi). Una funzione rilevante ha assunto la modernizzazione, che si è talvolta offerta come mentalmente ingestibile, o come vettore di una violenza nutrita da complesse metafore apocalittiche (Ernesto De Martino; Marcin Mazurek). In questo contesto, il cinema di finzione e il cinema documentario hanno rincorso sempre – a volte secondo pratiche instant, a volte maturando piena coscienza del vissuto e magari del rimosso (Stephen Keane; Roy Menarini; Rudy Salvagnini; Enzo Ungari) –  gli stati fluidi di questi cambiamenti. La scrittura del disastro (Maurice Blanchot; Francesco Muzzioli) che grazie a televisione, cinema, fotografia, videogiochi e web ne è prepotentemente seguita (Vincenzo Idone Cassone-Bruno Surace-Mattia Thibault), si è incaricata di investigare le fratture dello sguardo nutrite dalla disgregazione fisica e morale che scaturiscono dal confronto tra Grande Storia e storie personali.

Nel caso della produzione italiana, l’elaborazione è avvenuta seguendo processualità ibride, non sempre lineari, che hanno chiamato in causa lo stato fluido di cambiamenti che hanno investito nel tempo il territorio, il paesaggio e la società. Si tratta di eventi che vanno dal trauma della guerra alla convivenza con le macerie, alla distruzione (Matteo Giancotti), alle devastazioni fisico-climatiche subite da paesaggi millenari (Anil Narine), a migrazioni forzate (per esempio quelle riguardanti gli ebrei, gli istriani-dalmati, gli italiani nelle colonie d’Africa, ma anche gli abitanti di città e borghi terremotati, costretti per decenni a vivere spaesati, in situazioni a volte allo stesso tempo precarie e definitive), ai tanti disastri evitabili (uno per tutti: il Vajont).

Il principale obbiettivo del dossier è dunque proporre un’analisi ad ampio spettro – riconducibile al territorio italiano e alla popolazione che su di esso abita, ha abitato o sul quale è transitata – dell’immaginario visuale che questi fenomeni hanno favorito e ispirato.

Le proposte d’intervento potranno concentrarsi sui seguenti temi, senza escluderne altri correlati, indagati a partire dall’analisi della riflessione critica e teorica esercitata sugli argomenti in questione, dallo studio di materiali a stampa d’epoca (giornali, periodici, riviste, documenti d’archivio) e della produzione audiovisiva e multimediale di fiction e non fiction italiana (ma anche straniera, purché riconducibile alla rappresentazione di territori ed eventi riguardanti l’Italia), senza limitazioni temporali, di metodo, di contenuto:

  • Riflessioni critiche e teoriche sul cinema emergenziale, apocalittico, del trauma in ambito italiano.
  • Trauma studies e cinema italiano.
  • Rappresentazione di macerie e paesaggi sconvolti.
  • Patrimonio artistico offeso, distrutto, scomparso e racconto del trauma.
  • Comunità traumaticamente disperse, perdute, ritrovate.
  • Migrazioni interne forzate e sfrangiamento identitario.
  • Calamità naturali (in particolare alluvioni e terremoti), ambientali e legate all’inquinamento.
  • Riflessi della guerra sul panorama fisico.
  • Terrorismo, stragismo e trauma collettivo.
  • Prodotti audiovisivi di soggetti istituzionali (Protezione Civile, Vigili del Fuoco, Esercito, Marina Militare etc.) finalizzati all’addestramento in situazione di emergenza collettiva o alla documentazione di eventi catastrofici.

Le proposte (in italiano o in inglese), della lunghezza approssimativa di 250 parole, dovranno essere inviate entro il 5 settembre 2019 ai seguenti indirizzi email:

alessandro.faccioli@unipd.it

stefania.parigi@uniroma3.it

Verrà dato riscontro di accettazione della proposta entro il 20 settembre 2019.

I saggi della lunghezza approssimativa di 30.000/40.000 battute (note incluse), potranno essere scritti in italiano, in francese o in inglese. La scadenza per l’invio del saggio è il 10 dicembre 2019.

I saggi saranno sottoposti a peer review. La pubblicazione del dossier è prevista per maggio 2020.

Call for essays

Comments are closed.