Superfici, confini, formati: le immagini contemporanee

Imago. Studi di cinema e media
n. 20/2019 – a cura di  Ilaria A. De Pascalis e Lorenzo Marmo
Scadenza: 11 marzo 2019

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Redazione CUC2Written by:

La cultura visuale contemporanea si sta interrogando sia sullo statuto oggettuale e la materialità delle immagini, che sulla loro conformazione, i loro confini, i punti di contatto con esperienze e fenomeni al di fuori di esse. Scopo di questo dossier di Imago è indagare le declinazioni tramite cui le immagini innervano le forme mediali contemporanee (Pinotti-Somaini). Lo status sempre più manipolabile della superficie dell’immagine digitale richiede una riflessione articolata sulle implicazioni della cultura del pixel, che getti luce sulla profonda mobilità e duttilità che caratterizza i dispositivi contemporanei (Casetti). Contemporaneamente, nell’attuale proliferazione delle immagini, sembra emergere una maggior consapevolezza riguardo all’aspect ratio e alla sua permutabilità, che diventa un elemento dirimente tanto delle pratiche sociali quanto di quelle autoriali (Doane).

Tale consapevolezza ha portato a una diversa rilevanza e problematicità del termine “formato”. Da un lato, nel momento in cui è associato al cinema, esso fa riferimento alla configurazione geometrica delle immagini, il loro rapporto d’aspetto, il tipo di inquadratura che esse propongono sul mondo. Anche in relazione alla diffusione dei nuovi frame implementati da smartphone e altri dispositivi mobili, il cinema mainstream fa del gioco tra inquadrature orizzontali, verticali e quadrate uno snodo creativo e teorico. D’altro canto, il termine “formato” può riferirsi all’estensione del file immagine, e dunque alla quantità di informazioni in esso contenute, con ricadute dirette sulla risoluzione e sulla qualità visiva. Scaturisce da qui un’ampia possibilità di riflettere sulle nuove configurazioni dell’alta e bassa definizione, nonché sulla dimensione atmosferica delle immagini (Griffero). Tale prospettiva va dunque ad arricchire l’indagine sulla materialità delle immagini e degli schermi contemporanei (Bruno). In questo contesto, si vuole perciò proporre un’interazione fra questi significati del termine “formato”, in modo che esso diventi metafora e strumento per una mappatura della riflessione teorica sulle immagini.

Il dossier si propone di investigare limiti e confini delle forme mediali, rendendo anche conto della loro capacità di determinare le forme dell’immaginario (Bertetto), configurare spazi e ambienti (Heise) e proporsi come tecniche culturali (Siegert) che producano configurazioni soggettive e relazionali complesse. In che modo la dimensione creativa diviene pervasiva di pratiche sociali quotidiane, e viceversa quali sono i risvolti del riuso di materiali preesistenti nella produzione artistica? Nel composito panorama odierno, pratiche ed esperienze si intrecciano secondo sinergie originali ed è possibile intercettare modelli di visione del tutto nuovi. Lungi dal limitarsi all’analisi delle dinamiche del web, il dossier vuole esplorare anche altri aspetti del mediascape contemporaneo, dando ampio spazio al modo in cui tale riflessione sulle immagini contamini e riscriva le configurazioni del cinema tradizionalmente inteso. Che ruolo viene riservato oggi alla pellicola e alle proiezioni tradizionali? E quali sono invece le possibilità aperte da dispositivi e piattaforme di produzione e fruizione sempre più diversificati?

     Si invitano perciò proposte che affrontino sia l’orizzonte teorico relativo a tali modelli creativi e di percezione, sia casi di studio che abbiano un portato innovativo e originale rispetto alle forme delle immagini e al loro statuto. Nello specifico, gli interventi potranno riguardare, ad esempio, le seguenti questioni:

  • la questione dell’aspect ratio: alla possibilità concessa dai dispositivi di ruotare le immagini e trasformare le loro proporzioni, corrisponde la diffusione anche nel cinema mainstream di manipolazioni del formato, la cui metamorfosi viene utilizzata in funzione espressiva (si pensi ad esempio alle scelte stilistiche di registi come Xavier Dolan o Wes Anderson, ma anche ad una serie recente come Homecoming);
  • la diffusione delle pratiche di modifica delle immagini su social media come Instagram (Manovich), i diversi modelli di rappresentazione proposti dalle varie proporzioni disponibili (ad esempio il rapporto fra le immagini di copertina e le foto profilo nelle piattaforme di microblogging) e il nuovo ruolo attribuito alle immagini verticali anche nelle pratiche artistiche (come nel caso del progetto “Vertical Cinema”);
  • la risoluzione: immagini ad alta e bassa definizione, le temperature dei media (McLuhan), il concetto di pixel (Cubitt) e il suo confronto con la grana dell’immagine fotografica;
  • la ricerca artistica sui formati in relazione allo stile visivo, sia all’atto della produzione che a quello della distribuzione nei circuiti cinematografici, anche in funzione di una problematizzazione dei confini netti fra pellicola e digitale (si pensi al lavoro di Alejandro González Iñárritu, Alfonso Cuarón o Christopher Nolan);
  • il rinnovamento e l’ibridazione della proposta psicoanalitica nel rapporto fra soggetto e immagine attraverso le riconfigurazioni di feticismo, possessività e altre dinamiche di interazione e interpellazione fra immagini e fruitori (Mulvey);
  • le nuove esperienze di una cinefilia (Keathley) caratterizzata da un forte investimento nella pellicola, e viceversa il modo in cui le diverse interfaccia di fruizione portino una ridefinizione del possesso e dell’esperienza del cinema tradizionalmente inteso;
  • la carnalità delle immagini (Sobchack), la loro dimensione sinestetica e il rinnovato ruolo della tattilità (Strauven) nella configurazione dell’esperienza mediale;
  • la qualità atmosferica delle immagini (Böhme), ovvero la loro capacità di mettere in discussione un discorso ontologico in funzione di una negoziazione costante tra soggettività e oggettività;
  • le implicazioni del rapporto tra le immagini immersive (IMAX, 3D, realtà virtuale ecc.) e i loro pubblici: i confini delle esperienze spettatoriali, lo statuto spettacolare delle immagini, le forme di distribuzione, conservazione e fruizione di questi modelli di visione (dalla dimensione museale al consumo domestico) e i portati ideologici che ne derivano;
  • il modo in cui lo statuto amatoriale/professionale della produzione delle immagini e le connotazioni qualitative che esso comporta viene completamente rimesso in discussione dalle pratiche di riuso (Kuhn), dai film di found footage alla parcellizzazione delle immagini cinematografiche nelle gif di reazione o commento;
  • la specifica manipolazione della durata delle immagini, sia in relazione a oggetti preesistenti che originali: la temporalità cinematografica che ha dominato il Novecento viene riscritta, da un lato attraverso la produzione di video effimeri per la condivisione online, dall’altro in funzione di un totale sfocamento del confine tra immagine fissa e in movimento (come la riflessione del campo dello Still Moving rende esplicito: Bellour; Røssaak).

È possibile inviare una proposta in italiano o inglese, di massimo 2500 battute, a cui aggiungere una bibliografia essenziale di massimo 5 voci, 5 parole chiave e una breve biografia, agli indirizzi ilariaantonella.depascalis@uniroma3.it e lorenzomarmo@gmail.com, entro e non oltre l’11 marzo 2019.

I risultati della selezione saranno comunicati entro la fine di marzo, e i saggi completi (circa 40.000 battute, a cui aggiungere un abstract di 1500 battute, 5 parole chiave e una biografia di 500 battute) dovranno essere inviati entro e non oltre il 20 giugno 2019 per essere sottoposti a revisione.

Call for essays (Italiano) 

Call for essays (English)

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