Narrazioni postcoloniali della contemporaneità, tra conflitto e convivenza / Postcolonial Narratives of the Present, between Conflict and Coexistence 

Imago. Studi di cinema e media
n. 19 – I semestre 2019
a cura di Leonardo De Franceschi e Farah Polato
Deadline: 1 novembre 2018

 

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Redazione CUCWritten by:

 L’uscita nel 2012 del volume Postcolonial Cinema Studies, a cura di Sandra Ponzanesi e Marguerite Waller, sancisce il primo tentativo di stabilire genealogia e linee di approccio per un’analisi del film e del cinema in chiave postcoloniale. 

Nel riconoscere l’esistenza di un «cinema postcoloniale», inteso come «spazio concettuale» capace di sprigionare «connessioni e inferenze» ostruite da cornici dominanti, Ponzanesi e Waller hanno concorso a rilanciare il dibattito sulle categorie in uso nell’analisi, tanto di testi culturali, visivi e cinematografici, espressioni di posizionalità non conformi, subalterne, marginali, quanto dei contesti e delle dinamiche implicate. 

Dal Multiculturalismo Policentrico (Shohat e Stam), attraverso la periodica rivisitazione del Terzo Cinema (Gabriel, Guneratne e Dissanayake, Pines e Willemen, Wayne) e del World Cinema (Nagib, Perriam e Dudrah) si è passati negli anni alle formulazioni di Cinema Transculturale (MacDougall), Interculturale (Marks, Heffelfinger e Wright), Accentato (Naficy), Transnazionale (Ezra e Rowden, Highbee e Lim), Globale (Nornes, Kapur e Wagner, Celli), Migrante (Grassilli, Rings), Poliglotta (Berena e Komori), Crossover (Khorana), in un dibattito segnato dal rinvio tra i diversi assi discorsivi e dal confronto con le pratiche e le politiche in essere. 

Nel dare voce alla necessità di spazi di cittadinanza, visibilità e agibilità, specie in realtà nazionali nelle quali viene esercitata un’attività di monitoraggio costante del grado di pluralismo nei media, in riferimento tanto all’accesso quanto alle narrazioni, è emersa l’esigenza di lavorare anche all’interno delle istituzioni. In questo quadro di azione, si registra il prodursi di iniziative volte a favorire attraverso precise politiche per la diversità l’accesso alle professioni dello spettacolo e dei media per creativi e creative di origine migrante, postmigrante o espressione di macro e microsegmenti sottorappresentati nei luoghi di produzione e riproduzione dei rapporti di forze materiali. Ci riferiamo non solo a soggettività che sono il prodotto di «relazioni ampiamente asimmetriche tra Nord Globale e Sud Globale» (Shohat e Stam), ma anche a gruppi percepiti come espressione di diversità in relazione a genere (donne), orientamento sessuale, età, origine, grado di abilità/disabilità, credo, provenienza sociale, status giuridico (Luther, Ringer Lepre e Clark, Meli, Randle, Titley e Lentin). 

In parallelo, abbiamo assistito al proliferare di esperienze realizzative che, collocate in ambiti produttivi transnazionali oppure perlopiù rivolte al mercato interno, si prestano ad essere lette come emblematiche o anticipatrici rispetto a un tessuto consolidato di prassi e che pertanto meriterebbero di essere analizzate con studi di caso. 

Nell’accogliere il doppio piano di articolazione che connette dibattito critico e pratiche, il presente numero di Imago si rivolge prioritariamente agli attuali scenari contemporanei globali e transnazionali. La centratura sulla contemporaneità nasce dall’esigenza, che avvertiamo, di fare il punto sulle categorie in uso colte nella loro valenza di campi dinamici, lifeworlds (Sarkar) attraversati dai sommovimenti del presente e sensibili agli spostamenti d’accento tanto in sede locale quanto nel teatro globale. 

Intendiamo riservare un’attenzione particolare ad analisi della postcolonialità e del «colore della nazione» italiana. Oggetto di riflessione specifica da non più di un ventennio (Giuliani, Lombardi-Diop, Petrovic-Njegosh, Romeo), alle prese con i perduranti effetti della grande recessione del 2007, con una nuova impennata migratoria e col ricorrere di periodiche crisi connesse alle migrazioni dall’Africa e dal Sudest asiatico, come altri paesi, l’Italia sta conoscendo una polarizzazione crescente nel dibattito pubblico, la riproposizione di un archivio di figure della razza di chiara matrice coloniale e un preoccupante aumento di casi di violenza rivolta contro soggetti percepiti come estranei o non conformi con l’idealtipo nazionale. Questi fenomeni si accompagnano d’altro canto alle azioni e alle narrazioni che provengono da un tessuto dinamico e articolato, in cui le voci di soggetti e gruppi migranti e postmigranti sperimentano nuovi spazi di espressione e protagonismo sociale e culturale. Di qui il nostro interesse per interventi critici rivolti al panorama italiano anche in relazione alla realtà di altri paesi, ex-potenze coloniali e/o segnati dalla tratta atlantica, da vecchie e nuove diaspore, o da altre esperienze di violenza transculturale. 

Intendiamo privilegiare inoltre proposte che si pongano l’obiettivo di interrogare concetti, pratiche e testi audiovisuali in grado di intercettare e restituire l’evidenza di precisi rapporti di forze materiali nonché gli 

archivi simbolici periodicamente riarticolati e tradotti a loro giustificazione. Auspichiamo la messa in cantiere di interventi improntati a un approccio intersezionale, in grado di ricollegarsi a un dibattito che, portato avanti da voci esterne e interne agli studi postcoloniali (bell hooks, Chow, Davis, Jaikumar, Spivak, Trinh, solo per citare alcuni nomi), rappresenta uno dei filoni di pensiero critico tuttora più stimolanti. 

Ci proponiamo infine di dare spazio alle dinamiche di messa in valore di posizionalità subalterne, nella duplice accezione di conferimento di visibilità e di immissione in un sistema di beni, consapevoli delle implicazioni tattiche e delle istanze instabili e controverse che le attraversano. 

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 Postcolonial Cinema Studies, edited in 2012 by Sandra Ponzanesi and Marguerite Waller, formalizes the first attempt to establish a genealogy and a few lines of approach to film and cinema analysis in a postcolonial perspective. 

By acknowledging the existence of a «postcolonial cinema», intended as «a conceptual space in which making connections and drawing inferences […] occluded by national and colonial frames, is encouraged», Ponzanesi and Waller helped revitalize the debate on the categories used in the analysis of cultural (visual and film) texts, expressions of not-compliant, subaltern, marginal positionalities as much as in the analysis of contexts and of dynamics involved. 

From Polycentric Multiculturalism (Shohat and Stam), through the recurrent revisiting of Third Cinema (Gabriel, Guneratne and Dissanayake, Pines and Willemen, Wayne) and of World Cinema (Nagib, Perriam and Dudrah) we moved over the years to the formulas of Transcultural (MacDougall), Intercultural (Marks, Heffelfinger and Wright), Accented (Naficy), Transnational (Ezra and Rowden, Highbee and Lim), Global (Nornes, Kapur and Wagner, Celli), Migrant (Grassilli, Rings), Polyglot (Berena and Komori), and Crossover Cinema (Khorana), a debate that has been constantly characterized by the reference to the other discursive axes and by the confrontation with the practices and politics in place. 

Giving voice to the needs for areas of citizenship, visibility and agency, especially in nations where you can find a constant monitoring activity on the degree of pluralism in the media sector, the necessity to work also inside the institutions has arisen. In this framework, initiatives were taken to support through specific politics of diversity the access to creative industries for artists of migrant and postmigrant origins being expression of macro and microsegments that are underrepresented in the spaces of production and reproduction of material power relations. We refer not only to subjectivities being the product of «broadly asymmetrical relations between Global North and Global South» (Shohat and Stam), but also to groups perceived as expression of diversity in terms of gender (women), sexual orientation, age, national origin, dis/ability, religion, social background, and legal status (Luther, Ringer Lepre e Clark, Meli, Randle, Titley and Lentin). 

At the same time, we experienced the proliferation of film experiences that, being developed via transnational industry networks or mainly addressed to domestic market, lend themselves to be read as symbolic or anticipatory in reference to a well-established praxis, and therefore deserve to be explored in key studies. 

By taking note of this double articulating plane which connects critical debate and practices, the present issue of Imago is first and foremost interested in the current, both global and transnational, contemporary scenarios. Our emphasis on the present time is based on the necessity to assess the currently used categories, taken as dynamic fields, lifeworlds (Sarkar) crossed by the upheavals of our time and sensitive to the shifts in focus determined by either local and/or global factors. 

We intend to reserve a particular attention to proposals aimed at an analysis of Italian postcoloniality and «color of the nation». Being object of specific consideration since no more than two decades (Giuliani, Lombardi-Diop, Petrovic-Njegosh, Romeo), facing the enduring effects of the Great Recession, a new increase of numbers in the emigration statistics and the return of recurrent crises related to migrations from Africa and Southeast Asia, Italy is experiencing a growing polarization in the public debate, the return of an archive of figures of race having a clear colonial origin and an alarming increase of assault cases, directed against subjects perceived as outsiders or not compliant with the national ideal type. On the other hand, these events are accompanied by actions and narrations originating from a dynamic and articulated fabric, in which the voices of migrant and post-migrant subjects and groups are experimenting new spaces of cultural expression and social empowerment. Hence our interest concerns critical interventions addressed to the 

Italian scene, to be considered also alongside the reality of other nations, former colonial powers and/or marked by the Atlantic slave trade, old and new diasporas, and other experiences of transcultural violence. 

We also intend to privilege proposals aimed at interrogating audiovisual categories, practices and texts able to capture and convey the evidence of specific power relationships as well as those symbolic archives recursively revised and translated in order to justify them. 

We wish for the developing of interventions devoted to an intersectional approach, referring to a debate that, enriched by both internal and external to postcolonial studies voices (bell hooks, Chow, Davis, Jaikumar, Spivak, Trinh, just to give some examples), still represents one of the most motivating strands in contemporary critical thinking. 

Finally, we aim to give space to those dynamics of valorization related to subaltern positionalities, intended in their double meaning of “confirmation of visibility” and “release in a system of goods”, while staying aware of both their tactical implications and the unstable and controversial instances contributing to give them shape. 

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