Premio Limina 2007

PREMIO LIMINA

Redazione CUCWritten by:

Best International Film Studies Book

Thomas Elsaesser, European Cinema. Face to Face with Hollywood, AMSTERDAM UNIVERSITY PRESS, 2006

Has European cinema, in the age of globalization, lost contact not only with the world at large, but with its own audiences? Between the thriving festival circuit and the obligatory late-night television slot, is there still a public or a public sphere for European films? Can the cinema be the appropriate medium for a multicultural Europe and its migrating multitudes?

Is there a division of representational labor, with Hollywood providing stars and spectacle, the Asian countries exotic color and choreographed action, and Europe a sense of history, place and memory? This collection of essays by an acclaimed film scholar examines how independent filmmaking in Europe has been reinventing itself since the 1990s, faced by renewed competition from Hollywood and the challenges posed to national cinemas by the fall of the Wall in 1989.

Elsaesser reassesses the debates and presents a broader framework for understanding the forces at work since the 1960s. These include the interface of “world cinema” and the rise of Asian cinemas, the importance of the international film festival circuit, the role of television, and the changing aesthetics of auteur cinema. New audiences have different allegiances, and new technologies enable networks to reshape identities, but European cinema still has an important function in setting critical and creative agendas, even as its economic and institutional bases are in transition.

Best Italian Film Studies Book

Giulia Carluccio, Scritture della visione. Percorsi nel cinema muto, KAPLAN, 2006

I saggi contenuti nel volume (sul cinema muto italiano e statunitense e un intervento su Pagine del libro di Satana di Carl Theodor Dreyer), s’interrogano «sull’idea di scrittura della visione» privilegiando i modi di rappresentazione, con particolare attenzione al periodo di transizione dal cinema delle origini all’emergere del paradigma classico.

Best Italian Film Studies Book

Stefania Parigi, Fisiologia dell’immagine. Il pensiero di Cesare Zavattini, LINDAU, 2006

Il nome di Zavattini è legato soprattutto alla stagione epica del dopoguerra e rischia di essere inchiodato per sempre alla “croce” del neorealismo. Si tende a dimenticare che egli ha attraversato un intero secolo, il ’900, e tutte le sue cicliche ondate di modernità, giocando costantemente la carta della sperimentazione. Dagli anni ’20 fino agli anni ’80 ha lavorato senza tregua in una prospettiva multimediale, dimostrando una straordinaria sensibilità nel cogliere i germi del nuovo e i segni del cambiamento antropologico ed estetico provocato dalla rapida crescita e diffusione delle tecnologie. Questo libro tenta di ricostruire le trame del suo pensiero sul cinema e i media.

La scommessa è di far dialogare Zavattini con alcuni tra i maggiori teorici del cinema e artisti del secolo scorso, allo scopo di mettere in luce la problematicità e la forza concettuale delle sue riflessioni, troppo spesso considerate come semplice prolungamento utopico della sua pratica creativa. Zavattini non è stato solo un poeta della teoria, ma un teorico della poesia; ha impresso al proprio fare artistico una continua piega riflessiva e al proprio discorso teorico una carica immaginativa. Per questo le sue parole e i suoi gesti possiedono ancora la capacità di innervarsi nel tessuto della contemporaneità.

Best Italian Film Studies Book

Elena Mosconi, L’impressione del film. Contributi per una storia culturale del cinema italiano (1895-1945), VITA & PENSIERO, 2006

Nel quadro di una storia culturale, l’autrice analizza i modi e le pratiche attraverso le quali il cinema ha acquisito nel tempo visibilità e legittimazione nel contesto sociale italiano. Sotto il profilo cronologico, la ricerca abbraccia due grandi periodi storici. Dall’inizio del secolo fino alla fine del muto (1895-1929) il cinema stabilisce un rapporto dinamico con forme di spettacolo e pratiche espressive precedenti; durante gli anni fra le due guerre, invece, dialoga e interagisce con il potere politico, con il processo di modernizzazione e il sistema dei media. Attraverso casi di studio che riguardano testi filmici, generi e serie cinematografici, il libro documenta il modo in cui il cinema si è impresso nella cultura contemporanea.

Special Award

Sergej M. Ejzenstejn, Memorie. La mia arte nella vita, MARSILIO, 2006

Scritte negli ultimi due anni di vita, le “Memorie” sono una raccolta di informazioni sull’infanzia e l’adolescenza di Ejzenstejn, sui conflitti familiari, sulla formazione e la sua arte, sui rapporti sociali e politici con Stalin, tra tutti – sulla sua idea di cinema e di Hollywood. Il volume è corredato da un apparato di foto appartenute all’autore.

Best Professional Film Studies Book

Pietro Ingrao, Mi sono molto divertito. Scritti sul cinema (1963-2003), CENTRO SPERIMENTALE DI CINEMATOGRAFIA, ROMA 2006

Il libro, curato da Sergio Toffetti, raccoglie numerosi scritti di Pietro Ingrao sul cinema. Allievo del CSC nel ’35 presso il corso di regia, Ingrao, come molti intellettuali della sua generazione, considera il cinema non soltanto una forma d’arte in sintonia con l’evoluzione della modernità, ma anche uno strumento capace di leggere nelle pieghe del reale, ed un linguaggio adatto a raccontare, portandola sullo schermo, “un’umanità che soffre e spera”, come scrivono all’epoca sulla rivista «Cinema» gli amici Giuseppe De Santis e Mario Alicata. Il cinema, dirà in un’intervista a «Filmcritica» del 1999, “è un linguaggio, un vocabolario, e cioè un’angolazione dell’esperienza… l’apparente oggettività dell’occhio cinematografico è del tutto ingannevole”.

Ma il cinema, per Ingrao, non è solo esperienza intellettuale, bensì anche emozione, come quella che traspare dalle parole scritte in morte della tabaccaia di Amarcord sul Manifesto o nei numerosi articoli su Chaplin, tra i suoi personaggi cinematografici prediletti.

Best Italian Translation

Jean Louis Schefer, L’uomo comune del cinema, QUODLIBET, 2006

L’Homme ordinaire du cinéma è apparso nel 1980 per le edizioni dei «Cahiers du cinéma»; nel 1997 (anno della ristampa) è ormai un classico. Jean Louis Schefer non è uno specialista di cinema. È uno studioso di arti figurative. Ha scritto su Paolo Uccello, Correggio, El Greco, Goya, Chardin e ha curato la traduzione francese dell’opera De Pictura di Leon Battista Alberti. Da non-specialista – da «homme ordinaire» – Schefer ha redatto questo originale, personalissimo libro dedicato al cinema. L’impresa non intende essere un ennesimo saggio sistematico sulla settima arte, ma neanche l’esercizio improvvisato del letterato che si degna dello schermo. Per l’autore il cinema è una esperienza incisiva: lascia il segno. È dell’ordine dell’esperienza, della memoria (dell’infanzia).

I film sono per ciascuno di noi – per ciascun «uomo comune» – l’insieme dei ricordi frammentari di poche immagini che tratteniamo, di immagini perdute o in perdita, supportate da una storia, quando c’è, che solo vagamente ricordiamo (i film non sono romanzi). Così, la prima parte del libro è costituita da una serie di singoli fotogrammi, come fossero prelievi o resti di queste immagini-ricordo, immagini relative a film andati, per lo più di genere horror o burlesque ofantastico, oppure immagini di film sublimi, abitati cioè da corpi letteralmente sorretti dalla luce. Di queste immagini, il commento è la scrittura cogente; a volte sconcertante, fino al trasalimento. La seconda parte del libro, più distesa, è invece un ragionare (e rimemorare) sinuoso, quasi serpentino (così divagante come stringente) intorno all’esperienza della sala buia, alla consistenza «flocculata» dell’immagine schermica, al cono di luce pulviscolare del proiettore: l’immagine dei film diventa così l’oggetto di sguardo e lo sguardo stesso di giganti seduti dietro di noi, comuni spettatori. Donde il terrore e la fascinazione.

Ma da dove vengono i film? e, poi, dove vanno? Comunque sono andati, quanto dire: sono film di un altro tempo (l’infanzia), ma anche spersi, consumati, ormai corrotti. Quel che resta è polvere. L’effetto del tempo. Il cinema ha introdotto il tempo nell’immagine. L’origine del crimine.

Comments are closed.